UNA TIPICA AZIENDA AGRICOLA VERCELLESE

VIAGGIO AL PAESE FANTASMA DI VETTIGNE’

Testi e fotografie di Riccardo PomaDSC_0168

E’ da qualche anno che ci giriamo intorno, raccontandovi posti lì vicini come il piccolo cimitero abbandonato, il Maialetto e quella costruzione che appare nell’articolo L’isola (per la cronaca, le nostre sono le uniche ed ultime foto scattate a quel posto: “l’isola” è stata abbattuta per far spazio, indovinate un po’, ad altre risaie). Ora, finalmente, siamo arrivati al dunque, ovvero alla piccola frazione di Vettignè, comune di Santhià, un vero e proprio piccolo paese (una volta era addirittura comune dipendente, con Chiesa, scuole, osteria, botteghe) costruito in the middle of nowhere, che dalle nostre parti si traduce con “in mezzo alle risaie”.

DSC_0211La storia. Intorno all’anno mille vennero edificati i primi edifici, esattamente dove ora vediamo la chiesetta e lo stabile principale. Perchè proprio li? Le risaie non c’erano ancora, dunque perché costruire edifici nel bel mezzo del nulla? Perchè quelle prime, antiche mura furono edificate sul crocicchio tra due trafficatissime “vie” di comunicazione, la via Svizzera e la via Francigena. Il nome Vettignè deriva proprio da Vectigal, il dazio che si pagava per ottenere il diritto di passaggio dal borgo. Grazie a questo stratagemma, gli abitanti di Vettignè si arricchirono velocemente, e nel XV secolo il borgo venne ampliato: dietro il nucleo originario fu edificato un lussuoso castello, con tanto di torre a pianta circolare di ragguardevole altezza. Intorno al 1500, causa aumento demografico, vennero costruiti i due bracci laterali, che chiusero queste prime strutture a formare uno spazioso cortile. Infine, con l’avvento delle colture risicole (1700 circa), Vettignè divenne una vera e propria azienda agricola. Che, vista la dimensione degli ampliamenti, era probabilmente tra le più floride della zona: partendo dal nucleo originario, infatti, sui lati vennero edificati una serie importante di nuovi edifici atti ad ospitare la manovalanza necessaria per gestire tutta quella terra. Il già spazioso borgo di Vettignè, dunque, divenne una cascina grandissima, un piccolo paesino autonomo (fu comune tra il 1700 e il 1800) dall’enorme cortile, ancora oggi tra i pochissimi interamente “cintato”.
Il castello appartene a lungo ai Vialardi di Verrone, per poi passare ai Dal Pozzo e infine al ramo Savoia-Aosta.

La leggenda. Secondo una leggenda che ancora oggi molti considerano veritiera, il piccolo Borgo di Vettignè diede i natali al perfido capitano di ventura Bonifacio “Facino” Cane (1360 – 1412), crudele mercenario che terrorizzò l’Italia settentrionale tra il XIV e il XV secolo. Al soldo di Teodoro II del Monferrato, che gli affiancò – si dice – ben 400 cavalieri, tra il 1391 e il 1397 Facino Cane invase e saccheggiò gran parte del Piemonte, lasciandosi dietro un’impressionante scia di sangue e violenza. Gli unici borghi risparmiati dalla sua furia furono Santhià e Vettignè, cosa che indusse molti a pensare che qui egli fosse venuto al mondo. Altre fonti sostengono che Cane fosse nato a Casale Monferrato, ma ancora oggi sono molte le voci fuori dal coro.

Tempi (più o meno) recenti. Nonostante appartengano ad epoche più recenti, anche gli edifici posti fuori dalle mura conservano un grande interesse. Dietro le mura posteriori c’è ancora il bellissimo mulino, attraversato dal canale e perfettamente conservato con i suoi ingranaggi e le sue ruote. Vicino, un edificio risalente agli anni ’30 – ’40 (a svelarne la data di costruzione è l’architettura, molto “fascista”) che ospitò refettorio (piano terra) e dormitorio (primo piano) per le mondine di stanza a Vettignè. Ancora conservati sono i bagni, le docce, i lavabi e una piccola fontana ancora attiva. Altra testimonianza degli influssi fascisti sull’agricoltura locale è la ancora visibile, enorme scritta su uno dei muri esterni, che riporta il celebre motto “è l’aratro che lascia il solco, è la spada che lo difende”. Più antichi sono invece la chiesa, risalente al 1742 (costruita perché quella del borgo era diventata piccola per tutti quegli abitanti), e il piccolo cimitero, databile intorno al 1800 e costruito distante dalle abitazioni per ovvi motivi.

Oggi. A partire dal 1960 – col boom economico, la corsa alla fabbrica e alla città, l’avvento di nuovi metodi agricoli – il piccolo borgo di Vettignè cominciò pian piano a spopolarsi. Gli ultimi abitanti fecero i bagagli all’inizio degli anni ’80, nonostante alcuni edifici (la scuola, l’osteria) fossero ancora regolarmente funzionanti. Dal 1998 la parte principale del borgo è in mano alla gentilissima e volenterosa Enrica, che ha ristrutturato parti del complesso e, dal 2006, le ha adibite a grazioso Bed and breakfast. Tuttavia, rimettere in sesto Vettignè nella sua interezza è operazione assai costosa e difficilmente sostenibile da privati. Come se non bastasse, l’ala verso Santhià è stata in tempi recenti divelta da una potentissima tromba d’aria, mentre parte della vecchia casa padronale, uno degli edifici più antichi del complesso, è crollata sotto il peso dei suoi secoli. Le vecchie abitazioni, le stalle, il castello, la chiesa, stanno tornando polvere a causa degli anni e della poderosa natura che, priva di interventi umani, si sta riprendendo le terre che le appartennero.
Un gran peccato, perchè Vettignè resta un luogo magico e unico, un glorioso esempio dell’antica economia agricola vercellese. Non è difficile immaginarsi quell’immenso cortile ancora popolato: bambini che corrono, mucche che pascolano, i vecchi che se la raccontano, le donne che passeggiano coi neonati, gli uomini che scaricano carri trainati da buoi e si godono il meritato riposo dentro l’osteria. Come in una vera e propria città. Come in una comunità, di quelle che da tempo non siamo più in grado di creare.

NOTA: un immenso grazie a Enrica, per la sua disponibilità e per averci fatto scoprire questo angolo di paradiso. Un paradiso iscritto ai Luoghi del Cuore, quindi, in cambio della storia che vi ha e che vi abbiamo raccontato, regalategli il vostro voto.

Una rarissima cartolina di Vettignè, datata 1948. A destra, si può vedere la parte medievale oggi crollata.

Una rarissima cartolina di Vettignè, datata 1948. A destra, si può vedere la parte medievale oggi crollata.

Thanks to Franci

 [Tutte le fotografie presenti in questo post sono tutelate dal diritto d’autore e, pertanto, non possono essere riprodotte altrove. Copyright Vuoti a perdere 2014]

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4 POSTI CHE NON ABBIAMO MAI PUBBLICATO (E DI CUI NON VOLEVAMO FARE 4 POST)

Testi e fotografie di Riccardo Poma

Nell’estate del 2012, un anno prima di aprire questo blog, abbiamo trascorso parecchio tempo in campagna, cercando posti abbandonati da fotografare. Queste foto sono rimaste per ben due anni negli hard disk dei nostri computer. Motivi? Innanzitutto perché forse queste foto sono poco in stile vuotiaperdere (ovvio, non l’avevamo manco ancora creato). Sono foto prese quasi sempre “da fuori”, alcune brutte, altre belle ma non bellissime, altre (sempre secondo noi) abbastanza riuscite. Di alcuni edifici abbiamo fatto solo due o tre scatti, e quindi ci sembrava stupido farci un post “intero”. Altri non sono poi così unici, e quindi forse non desterebbero un grande interesse nei lettori. Insomma, prendetele come foto “pre vuotiaperdere”, in cui ci sono come al solito edifici abbandonati ma a cui – forse – manca ancora qualcosa. Ecco cosa abbiamo fatto nei mesi antecedenti all’apertura di questo blog. Quando c’eravamo soltanto io, mio fratello e una reflex.
E queste fotografie.

[cliccare sulle immagini per aprirle in HD]

IL CIMITERO DI VETTIGNE’
Vettignè (uno di quei nomi che solo in Piemonte potremmo dare a un posto) è una frazione di Santhià, situata (come spesso accade su questo blog) in mezzo alla risaie. In attesa di un post dedicato alla frazione, ormai quasi totalmente abbandonata, vi mostriamo le foto del piccolo cimitero adiacente al borgo. Con lo spopolamento della frazione, anche il cimitero è stato dimenticato, e gli unici fiori che ancora lo adornano sono inequivocabilmente finti.

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in questa immagine, il cimitero si trova sulla stessa linea della chiesa, a destra

IL MULINO
Tra Balocco, Formigliana e Villarboit (Vercelli) sorge questo suggestivo mulino, abbandonato ma ottimamente conservato. Basti pensare al fatto che la pala si trovi ancora al suo posto.

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Cascina Strada per San Marco 13082012 (18)

IL SANTUARIO TRA LE SPIGHE
Sulla strada che collega Carisio a Formigliana (Vercelli) sorgono, in mezzo alla risaie, i resti di una bellissima quanto antica chiesa. Secondo gli abitanti delle cascine vicine, veniva ancora utilizzata negli anni ’50 del novecento. Particolari architettonici di rilievo (come il rosone posto sulla facciata) fanno pensare ad un antico splendore. Oggi, crollate anche le ultime travi del tetto, restano solo i quattro muri.

Chiesa Strada Crocicchio Formigliana - 13082012 (7)

 

LA PAJIN-A
La cascina Pajin-a si trova sulla strada che collega Roasio a Rovasenda, in un’amena radura nascosta dalle piante. Il suo nome viene spesso citato nei libri sulla resistenza in quanto fu sicuro rifugio per i partigiani nascosti nella Baraggia.

La Pajn'a

Thanks to: Francy, Elis

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I FANTASMI DI SALETTA

Testi e fotografie di Riccardo Poma

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SALETTA (VC). La piccola frazione di Saletta fa parte del comune di Costanzana, in provincia di Vercelli. Più che di una frazione vera e propria, si tratta di un piccolissimo assembramento di costruzioni che giace, isolato, in mezzo alla distesa di risaie che separa Vercelli da Trino. Con lo spopolamento della frazione, dettato probabilmente dalla posizione estremamente isolata, sono fiorite le leggende che accompagnano qualsiasi paese fantasma che si rispetti. Al giorno d’oggi Saletta è una frazione totalmente disabitata, utilizzata soltanto da chi lavora nei campi circostanti per parcheggiare mezzi agricoli e balle di fieno. Il complesso è formato da un vecchio castello, alcune cascine sorte a ridosso di esso, una chiesa con piccolo cimitero e un tempietto dalla pianta circolare. La frazione ha origini molto antiche: il suo nome compare in un atto datato 1148 e in un diploma di Federico Barbarossa del 1152[1]. Per quanto riguarda i cenni prettamente storici, vi rimandiamo ad alcuni siti che troverete elencati nelle fonti, in fondo al post.

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3La chiesa. La chiesa di Saletta, dedicata a San Bartolomeo, viene menzionata per la prima volta in una carta del 1280. Imponente nell’aspetto e assai interessante nell’architettura (suggestivo il colonnato d’ingresso), la chiesa possiede un bizzarro frontone che non ha fatto che accentuare le dicerie inerenti a Saletta: per tutte la sua lunghezza, infatti, appaiono scolpiti i teschi rabbiosi di alcuni bovini. Per impedire ulteriori atti vandalici, l’ingresso della chiesa è stato recentemente murato, rendendo impossibile una visita all’interno. Sulla destra dell’edifico, ormai sconsacrato, vi è un piccolo cimitero che ospita ancora parecchie tombe di abitanti del luogo. Anche il cimitero, un tempo visitabile, è stato chiuso con una pesante catena per evitare ulteriori profanazioni.

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5Il tempietto. La costruzione conosciuta come tempietto è in realtà un tabernacolo, dedicato a San Sebastiano. Rispetto al resto della frazione, il tempietto appare inspiegabilmente decentrato (si trova circa 450 metri a est della chiesa), ed è l’unica costruzione di Saletta difficilmente visitabile durante il periodo estivo. Esso si trova infatti in un fitto boschetto, percorribile soltanto quando le piante perdono il “verde” durante i mesi freddi[2]. A pianta circolare, il tempietto era magistralmente decorato in tutta la sua circonferenza.

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Dicerie (?). Avrete notato, leggendo questo blog, che non siamo disposti a credere alle dicerie che spesso accompagnano i luoghi abbandonati (sembra quasi che l’aggettivo “abbandonato” sia sinonimo di “infestato”), e sicuramente non inizieremo a crederci dopo aver visitato Saletta, ma le leggende che accompagnano questo luogo sono talmente tante che forse vale la pena citarne qualcuna. Pur togliendo le palesi castronerie (i motorini si spengono nei pressi della chiesa, i cellulari non prendono – sic, come in qualsiasi posto isolato, aggiungiamo noi!), i si dice riferiti a Saletta sono parecchi, anche se quasi nessuno documentato.

Luoghi del diavolo. Informandoci per il nostro post su Oropa Bagni, altro luogo che la credenza popolare attribuisce ormai esclusivamente ai culti diabolici (che in effetti avvennero, ma poche volte e negli anni ’80), siamo venuti a sapere che spesso i luoghi abbandonati – specie se nei pressi di chiese e santuari – attirano folli ed esaltati convinti di evocare Belzebù accendendo un fuoco e scuoiando qualche povero scoiattolino di bosco. Saletta, che di luoghi sacri ne possiede ben tre (chiesa, cimitero e tempietto), non è probabilmente sfuggita a questo triste destino. In un articolo apparso l’8 dicembre 1991 su La stampa, alcuni ragazzi riferirono di aver visto, durante una gita notturna a Saletta, una forte luce in chiesa e alcune scritte inneggianti al demonio. L’attendibilità di queste testimonianze non è mai stata tuttavia provata.

8Fantasmi. Parecchi i fantasmi che, secondo le credenze popolari, investono il loro (eterno) buon tempo nei pressi di saletta. Ci sarebbe il fantasma di una giovane innamorata morta suicida, nipote del Marchese Pallavicini Mossi (coluì che eredito il feudo nel 1625, secondo i documenti): la leggenda narra che il suicidio avvenne nei boschi dietro la chiesa, e che Mossi avrebbe fatto erigere il tempietto proprio nel luogo del fattaccio. Vero o meno, la storia del suicidio potrebbe spiegare il mistero sulla strana posizione del tempietto, molto “isolato” rispetto agli edifici della frazione. Si parla poi del fantasma di un bambino trovato impalato nei pressi del cimitero, quello di una bambina che si ammalò e morì dopo aver visitato la frazione, addirittura si parla di un Poltergeist che infestò la casa di alcuni contadini della zona.

9Non è finita. Si sente raccontare dai contadini che abitano nei paesi limitrofi a Saletta che d’inverno (raramente in estate), nei campi a ridosso del tempietto, si vede comparire la figura nebulosa ed indefinita, avvolta in una luce bianca, di una donna che cammina pochi centimetri dal suolo per poi, improvvisamente, scomparire.

Ossa di giganti. Una delle poche leggende su Saletta che appare, se non provata, quantomeno citata in documenti ufficiali, è quella del ritrovamento di alcune ossa appartenute a esseri giganti. Lo storico vercellese Giovan Battista Modena, canonico vissuto tra il XVI e il XVII secolo, si convinse dell’esistenza di giganti prediluviani nel territorio piemontese. Nel 1622 egli scrisse: (a Saletta) si è ritrovato un corpo di gigante di altezza e grossezza indicibile che io stesso ho veduto, misurato….”. Il documento citato esiste, ma ovviamente non vi sono prove del ritrovamento.

Chilometri di sotterranei. Una delle leggende più famose su Saletta è quella dei cunicoli sotterranei che collegherebbero la frazione a Costanzana (circa 2 km). La partenza dei cunicoli si troverebbe nella stanzetta presente sotto il tempietto, ma visitandola nessuno ha mai trovato tracce di un qualche passaggio. Altre leggende parlano invece di un cunicolo che collegherebbe Saletta alla vicina frazione di Torrione. Ovviamente non vi sono prove in merito, ma va detto che in altri luoghi – nemmeno troppo lontani, ad esempio sotto il Monastero di Castelletto Cervo (BI) – la presenza di questi cunicoli è assolutamente documentata.10

L’unica cosa davvero certa è che, creduloni o meno, Saletta resta un luogo assai suggestivo e misterioso, in grado di inquietare anche chi, come noi, ha smesso di credere ai fantasmi. Tutti i luoghi abbandonati emozionano e turbano, talvolta mediamente, talvolta parecchio. La piccola frazione di Saletta, complici anche le tante leggende che la accompagnano, emoziona e turba sopra la media. Non sappiamo se davvero i suoi abitanti sono “scappati” terrorizzati (come affermava qualche giornale locale negli anni ’80). Le sue storie sono tutte tramandate oralmente, dai ragazzini in cerca di ardite prove di coraggio come dai vecchietti  al bar che le raccontano ridacchiando e senza mai crederci davvero (o forse, sotto sotto ci credono pure loro), e forse è proprio questo il suo punto di forza: soltanto l’impossibilità di provare una leggenda la mantiene tale. Ed è quest’impossibilità ad emozionarci e ad affascinarci, nonostante tutto.

[Tutte le fotografie presenti in questo post sono tutelate dal diritto d’autore e, pertanto, non possono essere riprodotte altrove. Copyright Vuoti a perdere 2013]

Thanks to Franci & Elis

FONTI:

http://www.piemondo.it/storia-mistero-archeologia/222-i-misteri-di-saletta.html

http://www.welovemercuri.com/files/SALETTA_DI_COSTANZANA.pdf

http://www.teses.net/


[1] Tutte le informazioni su Saletta che trovate in questo post sono state “catturate”  dal gruppo Teses www.teses.net

[2] L’unica foto di questo post che non abbiamo scattato noi è proprio quella della veduta frontale del tempietto. Come noterete dalla fauna, è stata scattata d’inverno.