IL VINO DELLA CONTESSA

Testi e fotografia di Riccardo Poma

Vino pazzo che suole spingere anche l’uomo molto saggio a intonare una canzone,
e a ridere di gusto, e lo manda su a danzare,
e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere.

Omero, poeta greco

Il vino prepara i cuori
e li rende più pronti
alla passione.

Ovidio, poeta romano

‘Nduma dinta a beivi che mi iù da turnè ca ciùc!

Renato, il mio vicino di casa

Quando e come

Costruita da due fratelli nel 1794, questa villa – ma forse sarebbe più corretto definirla azienda vinicola – è stata per due secoli protagonista della viticoltura del piccolo paese di L. Nonostante una dimensione tutto sommato ristretta, la produzione dell’azienda era ragguardevole: basti pensare che la vendemmia del 1900 fruttò ben 560 quintali. L’ultima erede del casato, La Contessa C., prese ad occuparsi della tenuta dopo la morte del padre avvenuta il 16 febbraio 1897, e negli anni dal 1900 al 1920 fu protagonista di molte vicende che riguardavano il lavoro dei braccianti agricoli, soprattutto in merito alle lotte sindacali dell’epoca.

Le cantine

La villa possiede un’incredibile cantina ancora piena di botti, vasche di fermentazione, strumenti di lavoro (dagli erpici trainati dai buoi ai macchinari dedicati alla vinaccia) e, ovviamente, bottiglie. Sotto una veranda [foto precedenti] si possono ammirare i giganteschi ingranaggi dei torchi ormai semidistrutti e la ruota che azionava la pompa del pozzo.

L’appartamento

Qualche fotografo passato prima di noi ha allestito un set tanto palesemente fasullo quanto affascinante: è facile immaginarsi su quel divanetto la contessa C., magari intenta a leggere un libro, o seduta su una di quelle seggioline a controllare i conti della sua azienda. I molti colori diversi presenti nelle stanze rivelano una cura cromatica rara che, ancora oggi, ci fa capire quanto fosse alto il rango della famiglia.

Il vino – Il vero tramite tra la nobiltà e il popolino

Lo sfarzo che si vede dentro la villa padronale, edificata a fianco e sopra alle cantine, contrasta con la semplicità delle costruzioni e delle abitazioni vicine. Eppure, quello che si produceva qui dentro – il vino – era l’unico vero tramite tra la nobiltà (poi borghesia) e il popolo (contadini, braccianti): il vino lo beveva la contessa col marito, con le sue amiche nobili, ma lo beveva anche il contadino all’Osteria del paese; beveva quello stesso vino che lui aveva prodotto lavorando per la contessa. Probabilmente il vino che arrivava all’Osteria era lo scarto dello scarto dello scarto, ma – insomma! – era comunque vino proveniente da quelle vigne. Un filo rosso – o bianco, a seconda dei gusti – che collegava idealmente (e non) le preziose stanze della contessa alle spoglie cucine dei braccianti. Qualcuno una volta disse che “pur seduti sul trono più alto del mondo, si è comunque seduti sul proprio culo”. Contesse e braccianti. Sullo stesso culo, magari sorseggiando lo stesso vino.

[Tutte le fotografie e i testi presenti in questo post sono tutelati dal diritto d’autore e, pertanto, non possono essere riprodotti altrove. Copyright Vuoti a perdere 2018]

 

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