LO SCHELETRO CHE GUARDA LA VALLE PARTE II – BACK TO OROPA BAGNI

Testi e fotografie di Riccardo Poma

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“Sei stato a Oropa Bagni?”
“E com’è?”
“E cos’hai visto?”
“C’erano animali morti?”
“C’erano scritte sataniche?”
“E’ pericoloso entrare?”

Il blog vuotiaperdere ha compiuto da poco un anno, e finora ci ha dato parecchie soddisfazioni. Nonostante parecchi post che ci sentiamo di definire col botto (Lucedio, Leri Cavour, la fornace, il bunker), il nostro reportage più apprezzato in termini di visualizzazioni rimane quello su Oropa Bagni, che intitolammo LO SCHELETRO CHE GUARDA LA VALLE. Sulle suite di freeblogging come WordPress c’è un simpatico gadget che permette di vedere quali sono le parole chiave più utilizzate su Google per arrivare ad un certo post. Vincono, per ora, OROPA BAGNI, FOTO e RITI SATANICI.
Ora, ad un anno da quel fatidico, primo viaggio che non portò in realtà a nulla di concreto (ebbene sì, da veri dilettanti ci entrammo senza macchina fotografica: le foto del post in questione sono dell’amico PIGNO), siamo tornati in questo luogo così affascinante e misterioso. Il luogo biellese “maledetto” per eccellenza, spesso citato tra i ragazzini quando si parla di imprese coraggiose:
– Vuoi sapere cos’è la paura? Fatti un giro ad Oropa Bagni!
A Biella, tanto per farvi un’idea, è stato addirittura citato in una linea di magliette. Gli autori sono gli amici della DESERT, serigrafia casalinga, e potete ammirare la loro opera qui. Ma quali sono le ragioni di questa fama, o meglio, com’è possibile che ancora oggi migliaia di biellesi ne parlino come di un luogo mitico, terrificante, infestato da maligne presenze?

Evitando di tirare fuori i soliti luoghi comuni lamentosi – “a Biella non c’è un tubo, ovvio che pure i ruderi diventano un’attrazione” – la spiegazione si trova in un vecchio articolo di giornale degli anni ’80 che parlava di un incendio dell’ala destra dovuto probabilmente all’accensione di alcuni fuochi non controllati all’interno della stessa. I carabinieri trovarono qualche povero animaletto squartato e resti di focolai. Episodio vero, documentato, ma, in ben 70 anni di abbandono (per i cenni storici rimandiamo al nostro primo post), decisamente UNICO. Tanto bastò, tuttavia, per garantire a questo luogo l’aura di luogo maledetto e infestato.
Ma torniamo quindi alle domande d’apertura, quelle che spesso ci hanno – legittimamente – posto i nostri lettori nel corso di quest’anno.
Sei stato a Oropa Bagni? Si, ci siamo stati. L’ala ridotta peggio, che potete vedere QUI ,è stata abbattuta perché pericolante. Restano in piedi l’ala sinistra e il corpo centrale dell’edificio. Ci siamo stati sia d’estate che d’inverno, e solo nel secondo caso siamo riusciti a vedere qualcosa. Il verde tende a far sparire tutto e a rendere difficile qualsiasi fotografia.
Com’è? È un luogo che, obbiettivamente, mette paura. Immerso nel nulla, lontano dagli insediamenti umani, appare dal nulla dopo una breve curva. Grandissimo, scheletrico, privo di vita. È affascinante perché non è solamente un edifico abbandonato: è un vero e proprio manifesto in disuso della belle epoque, dai toni liberty e l’aspetto signorile. Un’ambientazione da horror gotico, da racconto in stile Lovecraft o Edgar Allan Poe. I tetti hanno ceduto tirandosi dietro quasi tutti i piani superiori. L’unica zona visitabile resta il pian terreno, anche perché dotato di un soffitto in cemento armato.

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E cos’hai visto? Ho visto l’edificio, tutto qui. Oltre a me e ai miei due compagni di ventura, ho visto soltanto un enorme, vuoto caseggiato. Bello, ma vuoto.
C’erano animali morti? Nessun animale morto o sgozzato.
C’erano scritte sataniche? Si, ce ne sono parecchie, ma 1) non sono scritte col sangue di animali morti come sostiene qualcuno (lo dimostra il fatto che si conservino perfettamente integre nonostante gli anni: sono fatte con la vernice) 2) sul rapporto dei Carabinieri, all’epoca delle sette sataniche degli anni ’80, le scritte non compaiono; qualcuno le ha fatte ultimamente, probabilmente per gioco.
E’ pericoloso entrare? Molti ci chiedono di “individuare un indice di pericolosità della struttura”. Ci chiedono, insomma, se si può entrare tranquillamente. Io non sono un ingegnere civile, ma so per certo che se vedo un pavimento messo male o una trave in bilico tra due muri non ci devo entrare. Il punto è che, più passano gli anni, più aumentano i crolli. Una mattina ci sveglieremo e da fondo valle non vedremo più Oropa Bagni, sommerso dai suoi stessi mattoni crollati. Dire che i crolli sono all’ordine del giorno è assolutamente veritiero: mentre eravamo sul sito, per esempio, abbiamo visto coi nostri occhi dei resti di trave crollare.

Ciò che davvero colpisce di questo luogo è la facilità con cui si riesce ad immaginare lo sfarzo dei tempi che furono. Uno sfarzo oramai estinto, riscontrabile soltanto nella maestosità della costruzione, nei particolari architettonici, nelle zone un tempo dipinte. Tornare ad Oropa Bagni dopo un anno è stata un’esperienza fascinosa. Quando si va in un posto in cui si è già stati si è più preparati, meno impauriti, si riesce ad adottare un punto di vista razionale non viziato dall’ignoto. E si fanno foto migliori, come ad esempio è successo col nostro secondo post sulla fornace.
Siamo sempre molto prudenti in merito ai luoghi che visitiamo: di alcuni non diciamo nemmeno l’ubicazione, per evitare che qualche buontempone vada a distruggere tutto. A Oropa Bagni, in realtà, c’è rimasto poco da distruggere.
Ci ha già pensato l’abbandono. Ci hanno pensato i primi predatori, che negli anni ’40 entrarono e portarono via tutto: mobili, oggetti, quadri, fotografie, addirittura pezzi affrescati di muro. Ci ha pensato la natura che, ancora una volta, si riprende con aria indifferente ciò che fu suo.

Thanks to Elis, Alberto, DESERT serigrafia casalinga

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