Testi e fotografie di Riccardo Poma
Abbiamo aperto questo blog con lo scopo di raccogliere il maggior numero possibile di fotografie inerenti ai luoghi abbandonati presenti sul nostro territorio (e non solo), e non smetteremo certo ora di farlo. Sarebbe ingiusto nei confronti di chi segue il blog perché condivide con noi questa passione. Recentemente, però, ho passato una mattinata in una fonderia molto grande del biellese (forse “la più grande”) durante un giorno di “fusione”, e credo che queste foto, pur distanti dalle altre in quanto vi appare l’uomo e non rispecchiano il concetto di “abbandono”, possano tranquillamente apparire su questo blog. In uno degli ultimi post abbiamo parlato della FOR, grossa fonderia abbandonata costruita secoli fa sulle sponde del Cervo. In quel post vi mostravamo una fonderia in disuso, ora, perché no, ve ne mostriamo una che lavora a pieno regime. Fino a questo momento vi abbiamo parlato della – scusate il termine forte – “morte degli edifici”; è giusto, ogni tanto, anche parlare della loro vita. Perché ciò che vedrete in questo post non è poi così lontano da ciò che, cinquant’anni fa, vedevano gli operai della FOR. È una ruota che gira. Da una parte il fuoco si spegne, dall’altra si accende e brucia di nuovo. Che è poi un’ennesima, riuscita metafora della vita.
[Cliccando su una foto parte lo slide show]
Desidero ringraziare particolarmente le Fonderie Zerbetto per avermi permesso di fare queste splendide fotografie, e ringrazio soprattutto tutti gli operai, quelli che vi appaiono e quelli che non si vedono perché impegnati in altri lavori.
Infine, ringrazio mio nonno per aver trasmesso a mio padre la passione per questo lavoro. E ringrazio ovviamente mio padre, che mi ha aperto la porta della fonderia in cui lavora e mi ha permesso di costruire un lavoro così bello. È sua la mano guantata che spinge “l’anima” dentro la staffa, ed è a lui che è dedicata quest’opera.
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