LA SOLITA VILLA BIELLESE

Testi e fotografie di Riccardo Poma
2-1Ma che poi, alla fine, eravamo davvero così ricchi una volta?
Terra di imprenditori, chiaro, ma per costruire delle case così bisognava essere qualcosa di più che un imprenditore con una piccola o media officina nella Valle di Mosso. O sul Cervo. O sul Sessera.
Qua bisognava essere quantomeno o imprenditori di officine mooolto grandi, oppure direttamente nobili che avevano ereditato il villone da qualche parente parente pure di Vittorio Emanuele e della regina Margherita. E va bè, sto biellese è diventato così tanto una terra di ville abbandonate che quasi ci si annoia a entrare. Ecco il resoconto della nostra ultima, noiosissima visita in una – ennesima, solita, vecchia – villa biellese.

Allora, diamo un’occhiata.

L’architettura è decisamente particolare, va detto. E a guardarla bene, nemmeno così tipicamente biellese. La villa doveva essere di un giallo forte, rifinito dal rosso che circondava le finestre. Ora è tutto piuttosto sbiadito, ma non è difficile immaginarsi il tripudio cromatico che fu.

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Entrando ci si ritrova davanti al solito scalone di marmo di Carrara, di quelli che si vedono nei castelli dei re delle fiabe, con la corda come corrimano, che porta alle solite stanze affrescate in maniera impeccabile. La cosa poco solita è che la maggior parte degli affreschi della stanza principale ritrae scorci noti del territorio, ovvero, una pregiata raccolta di cartoline del biellese degli anni ’20. Nella maggior parte delle stanze la tappezzeria si è scollata, mostrando il fondo che, un tempo, si faceva coi giornali (molti giornali sovrapposti appiattivano la ruvidezza dei muri antichi e permettevano di posare la tappezzeria o la carta da parati senza pieghe). Alcuni di questi giornali sono particolarmente vecchiotti. E poi camini in marmo, un inquietante baldacchino rosso, alcuni utensili d’uso comune (si distinguono una caffettiera e una grattugia).

Salendo si arriva al solito sottotetto. Ciò che non è solito è il fatto che, ovunque, vi siano scatole di macchine da scrivere Olivetti. I proprietari avevano la passione per la scrittura? O magari il capo famiglia era un rappresentante di macchine da scrivere? Come spesso accade in questi casi, l’unica cosa certa è che
a) non c’è nulla di certo
b) se c’erano delle macchine da scrivere le hanno fregate tutte

Passiamo ai soliti ritrovamenti bizzarri, ovvero quelle cose che per un attimo ti fanno pensare: “ehi, ma cosa diavolo ci fa qui questa roba? E soprattutto, perchè?”. Si comincia con una bella croce di ferro alta un metro e mezzo, si passa a bizzare decorazioni a forma di testa di cavallo e infine, non sazi, si arriva ad una povera statua priva di testa, braccia e divisa in due, appoggiata a un muro come qualcuno che aspetta il bus. Come sempre, non mancano le perle (si fa per dire) lasciate dai fotografi (lasciate solo impronte, prendete solo emozioni, si certo, intanto però sposta quella sedia sotto la finesta che viene più figo). Ve ne mostriamo almeno due:
a) sedia “sognante” vicino alla finestra con scarpe di donna posizionate dove un eventuale fantasma seduto metterebbe i piedi;
b) ali di piume nere sintetiche indossabili che fanno subito 666/Constantine/Satanismo new age.

Passiamo al fuori, con il solito parco grosso come un paese. Oltre a delle presumibili cantine belle come delle chiese, il parco ospita un angolo relax (se la pianta fosse caduta un metro più in là bye bye angolino da ricchi) e una gigantesca fontana con tanto di caverna, ponticello e statue ebeti (scusate la bassezza, ma non vi sembra che il tizio nella foto abbia una faccia un pò troppo goduta? Il motivo sarà quella foglia – quella sulle parti intime – stranamente all’insù invece che canonicamente all’ingiù?).

Questo è quanto.
Mah.
Sempre la solita villa, insomma.
Oh Dio, magari proprio solita solita no.
Oh Dio, magari non è che ci si annoia proprio in posti come questi.
Oh Dio, non è che sono proprio così tutte uguali, ‘ste ville biellesi.
Oh Dio, non è che perchè ci sono entrati già tutti i fotografi del mondo a te ti fa schifo farle le foto.
Va bè.
Stai a vedere che forse non è stata proprio così una noia questa villa.
Pur restando (solo) un’altra villa biellese. Solo?

PS: il tono scherzoso di questo articolo ci è stato ispirato dalla frase di un fotografo urbano che, vedendo le foto che avete appena visto, disse annoiato: “bella, bella, ma è la solita villa biellese”.

Thanks to Ema, Fra, Nic.

[Tutte le fotografie e i testi presenti in questo post sono tutelati dal diritto d’autore e, pertanto, non possono essere riprodotti altrove. Copyright Vuoti a perdere 2017]

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9 thoughts on “LA SOLITA VILLA BIELLESE

  1. Ancora una volta complimenti ! Foto e testi splendidi …..
    n.b.: tutta invidia lo stupido commento del fotografo biellese.
    Renza

  2. No, non capisco perchè non potete indicare la via dove si trova queste e le altre. Sempre e solo per italiana gelosia ? Sono un’ autore nel campo della Fotografia ed effettuo un aggiornamento del portfolio. Non abbiate paura, non copio le vostre inquadrature e men che meno le vostre Fotografie.

    • L’italiana gelosia non c’entra nulla, ti dico cosa c’entra:
      1) la gente si fa beccare dentro e poi dice che IO le ho detto come entrare;
      2) la gente va dentro, si fa male, e quando gli chiedono perchè sono entrati dicono che l’hanno letto sul MIO blog;
      3) spesso i proprietari acconsentono a dare un permesso ma in cambio vogliono evitare che il giorno dopo ci siano 35 fotografi che vogliono fare un “giro”;
      4) nessuno guadagna nulla da questo blog, lasciaci almeno avere l’esclusiva di qualche posto (esclusiva che di solito dura un mese, quindi probabilmente la villa è già di dominio pubblico);
      Quindi, nessuna paura di essere copiati, come puoi leggere si tratta di tutt’altro.
      Grazie mille per l’attenzione,
      un saluto 🙂

  3. Tanto più che a me interessa solo la Provincia di Torino (non tutta), quella di Biella, e Torino (forse).

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