Testi e fotografie di Riccardo Poma
Fondata nel 1884, questa fornace fu una delle aziende più importanti del territorio biellese. Negli anni ’50 venne costruito il nuovo stabilimento e quello vecchio, che vedete in queste foto, fu letteralmente abbandonato a se stesso. Alto 15 metri, lungo 170 e largo 70, per un totale di circa 12.000 m², l’edificio e il suo enorme piazzale sono raggiungibili soltanto passando attraverso le risaie circostanti.
La terra intorno al gigantesco edificio è di un arancione irreale, provocato dalla sabbia che fuoriusciva dai muri durante la lavorazione dei mattoni.
Quante case si possono costruire?
Entrando nelle viscere della fabbrica si scopre come sia possibile che, nonostante l’azienda abbia chiuso da parecchi decenni, la terra intorno continui a conservarsi rossastra: lo stabile è ancora pieno di tonnellate di mattoni (2) che, a causa degli agenti atmosferici e della mancanza di manutenzione, disperdono tutt’ora la loro polvere al vento. In basso si vedono ancora i binari utilizzati per spostare i materiali da dentro a fuori la fabbrica e viceversa. Il telecomando del carroponte è ancora appeso al soffitto (3): sembra che gli operai siano usciti di corsa, in fretta e furia; pare che la fabbrica sia stata abbandonata da un giorno all’altro, come dimostra anche il gigantesco forno, lasciato aperto (4).
Vista attraverso la porta di uno dei due corpi laterali (5). Le piante – cresciute attraverso il cemento – toccano ormai il soffitto, e sono tra le responsabili maggiori del disfacimento del tetto. Uno dei portelloni ha ceduto sotto il peso di una montagna di mattoni, che “ha spinto” dall’interno (6), un altro – quello in cui entravano i binari – è in condizioni critiche ed è ormai totalmente uscito dalle sue guide. Dai finestroni del magazzino si scorgono delle luci che sembrano quelle di giganteschi lampadari: si tratta invece della luce del Sole, che filtra dai moltissimi squarci presenti nel tetto (7).
Vietato l’ingresso
La vista dal cancello principale (8) rende l’idea della grandezza del cortile circostante, un tempo colmo di camion, bancali di mattoni, operai. Oggi è solo un’immensa e desolata distesa di cemento che ospita arbusti e piccole piante. Un cartello dice “Vietato l’ingresso ai non addetti ai lavori”. Alle sue spalle, lo scheletro dell’enorme edificio giace abbandonato da decenni. Dove c’era rumore continuo, ora c’è silenzio surreale; dove c’erano centinaia di operai, oggi c’è un deserto di cemento e mattoni; dove c’era “lavoro”, c’è solamente un perimetro di mura destinate, prima o poi, ad essere totalmente divorate dalla vegetazione.
Immagine satellitare
[i segnaposto indicano le posizioni da cui sono state scattate le fotografie]
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